Anche nel campo della scenografia, la lezione di Luzzati gli resterà centrale. La visione dell’uno e dell’altro, infatti, si sottomette trionfalmente alla centralità teatrale, come guardando la scena da una platea. Così, per entrambi, gli sfondi non sono altro che piatti fondali su cui appoggiare gli “attori”, a loro volta rifilati in forme compatte e coese per meglio muoverveli sopra.
Nei due casi coincide anche la costruzione rigorosamente ortogonale delle strutture dei palazzi e delle città, e più libera e curvilinea negli ambienti naturali (…). I personaggi sono sempre guardati non troppo da vicino, bensì in campo lungo, di rigore a figura intera, sufficientemente piccoli in rapporto all’ampiezza della scena. Anche questa è una scelta stilistica che comporta una valutazione filosofica… Anche la prediletta visione un po’ dall’alto, che schiaccia prospetticamente la visuale, come se si trattasse di una fotografia ripresa col teleobiettivo, continua a mettere sullo stesso piano teatranti e teatro, protagonisti e comprimari, possibili primi piani ed inevitabili sfondi (…).
Testo di Ferruccio Giromini