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L’altra modernità

[…] Un remoto respiro bizantino, portatore delle sue signorili iconografie, cosparge l’opera di Zavřel della sua aura ornata e sovratemporale, archetipale e spiritualizzata.
Tuttavia, quella memoria visiva, persino ovvia per un uomo dell’est, non ha trovato posto nel distillato finale dell’opera se non componendosi continuamente con la lezione europea e moderna di quell’arte che nello spazio mitteleuropeo ha visto passare i grandi maestri del secolo scorso, dal colorismo di Klee all’intimismo di Nolde, dal piacere decorativo di Klimt alla festosa narrativa di Chagall. Tutti europei che pur sotto la luce critica dello slancio illuminista della cultura d’occidente hanno mantenuto acceso lo sguardo verso i cieli culturali d’oriente.
[…]
Štěpán Zavřel ha continuamente celebrato le nozze fra due Europe, distinte nel tempo e nello spazio, congiungendole nella sintesi di un umanesimo spirituale.
Matrimonio a suo modo profetico, in cui le vicende dell’arte e dello spirito aprono sentieri che non sono esclusivamente quelli dello scetticismo e della decostruzione, dell’incredulità e del disincanto, ma quelli del desiderio e dell’immaginazione, della responsabilità e della speranza. Insomma, l’altra modernità.

Testo di Giuliano Zanchi